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Olimpiadi di Tokyo 2020: rinvio storico e marketing

Olimpiadi Tokyo 2020: dal rinvio storico alle perdite del marketing
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28/07/2021

Le Olimpiadi di Tokyo 2020 rimarranno un'edizione storica, nel bene e nel male: il rinvio dell'anno scorso, l'assenza di pubblico e la fuga degli sponsor.

Olimpiadi di Tokyo 2020: rinvio storico e marketing

Le Olimpiadi di Tokyo 2020 rimarranno un'edizione storica, nel bene e nel male: il rinvio dell'anno scorso, l'assenza di pubblico e la fuga degli sponsor.

Olimpiadi Tokyo 2020: un rinvio storico

Le Olimpiadi di Tokyo 2020 verranno probabilmente ricordate come quelle con più difficoltà a livello organizzativo a causa della pandemia Covid-19.

Già l’anno scorso questa edizione entrò nella storia per il solo fatto di essere stata rinviata, per la prima volta in assoluto in tempo di pace.

Il 23 Marzo 2020, infatti, il premier giapponese Shinzo Abe comunicò al mondo la decisione di rinviare all’estate 2021 i Giochi Olimpici, al tempo in programma dal 25 Luglio al 9 Agosto 2020.

 

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Olimpiadi rinviate: i precedenti

1916

Il primo rinvio storico di un’edizione delle Olimpiadi avvenne nel 1916: allora si trattava della VI edizione.

In piena Prima Guerra Mondiale, si sarebbero dovute tenere in Germania, a Berlino, ma vennero per forza di cose rinviate e la Germania ottenne di poterle ospitare vent’anni dopo, nel 1936.

1940

Nel 1940 la XII Olimpiade doveva svolgersi proprio a Tokyo: stavolta a fermarla fu la Seconda Guerra Mondiale, scoppiata nel Settembre del ’39.

I prigionieri di guerra del tempo, però, non si arresero nonostante tutto e celebrarono autonomamente i Giochi Olimpici con la non ufficiale edizione dei Giochi di Norimberga.

1944

Ancora una volta, la Seconda Guerra Mondiale impedì la XIII edizione, che doveva svolgersi a Londra.

La capitale britannica ospitò di conseguenza le Olimpiadi del 1948.

 

Olimpiadi e Marketing: il fatturato dei Giochi

Quanto fattura il Comitato Olimpico Internazionale (CIO) durante un’edizione delle Olimpiadi?

La risposta a questa domanda è ovviamente: dipende.

Le variabili principali sono:

  • vendita dei diritti d’immagine
  • sponsorship
  • biglietti
  • ulteriori strategie di marketing

Vendita dei diritti d’immagine delle Olimpiadi

Il Comitato Olimpico Internazionale possiede tutti i diritti d’immagine delle edizioni olimpiche: televisione, mobile ecc.; stabilisce inoltre gli accordi con tutti i media mondiali.

Di tutta l’organizzazione e realizzazione delle riprese se ne occupa un organo apposito, l’Olympic Broadcasting Services.

Sponsorship Olimpiadi

Qualsiasi grande evento per potersi finanziare ha bisogno di sponsor: nel mondo dello sport, questo suggerimento è praticamente una regola.

Per le Olimpiadi vale lo stesso, soprattutto trattandosi di una competizione mondiale seguita da miliardi di spettatori: gli sponsor non consentono solo di sostenere la macchina economica ma contribuiscono anche in maniera attiva fornendo servizi, prodotti ed assistenza.

Dal canto suo, il Comitato Olimpico tutela i brand partner con una legge di comportamento ferrea: la Rule 40.

Questa regola afferma infatti che “con l’eccezione dei casi permessi dal Consiglio Esecutivo del Comitato Olimpico Internazionale, nessun concorrente, allenatore, coach o arbitro che partecipa ai Giochi Olimpici può permettere che la sua persona, nome, immagine o performance sportiva sia usata per scopi commerciali durante i Giochi Olimpici”.

Niente ambush marketing quindi: nessun brand esterno alla competizione può citare partecipanti e staff o parole legate al mondo dei Giochi Olimpici in pubblicità, tweet, post sui social ecc.

Ad esempio, non si possono citare: “olimpiadi”, “oro”, “medaglia”, “giochi olimpici” né menzionare gli atleti per incitarli o congratularsi.

Parallelamente, nessun atleta o membro dello staff può citare i propri sponsor personali se non legati all’universo olimpico.

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Biglietti Olimpiadi

Che competizione sportiva sarebbe senza pubblico?

Ora, nel caso di Tokyo 2020 il pubblico non c’è: altro fatto che la rende (tristemente) un’edizione unica.

Di solito, però, la vendita dei biglietti pesa e non poco sul fatturato delle edizioni olimpiche.

Prendiamo ad esempio la scorsa edizione, quando il coronavirus non era neanche lontanamente nei nostri pensieri: Giochi Olimpici di Rio 2016.

In quell’edizione i biglietti cominciarono ad essere venduti già dal Marzo dell’anno prima (2015) tramite il sito ufficiale dell’edizione; in un giorno furono venduti circa 750.000 biglietti, con un prezzo che si aggirava tra i 13 ed i 22 dollari.

Fatturato Olimpiadi: a quanto ammonta

I dati della scorsa edizione hanno registrano un fatturato di circa 5.6 miliardi di dollari raggiunti nel corso dei quattro anni che vanno dall’edizione di Londra a quella, appunto, di Rio.

Il fatturato viene poi suddiviso principalmente per coprire le spese di organizzazione e gestione (circa il 10-15%) e per essere redistribuito a tutti coloro che rendono possibile questa manifestazione mondiale: atleti, allenatori, Federazioni Internazionali, Comitati Olimpici Nazionali e Comitati Organizzativi dei Giochi Olimpici.

L’edizione di quest’anno rischia invece di andare in rosso: niente pubblico significa niente ricavi da biglietti e merchandising, oltre al fatto che rinviare i Giochi di un anno è già costato al Comitato la discreta somma di 2,8 miliardi di dollari per rimettersi a trattare con gli sponsor.

Tra questi ultimi, poi, ci sono state anche delle eccellenti fughe.

 

Olimpiadi Tokyo 2020: la fuga di Toyota e Fujitsu

Se la fuga dall’edizione fosse una disciplina olimpica, probabilmente avremmo già l’atleta vincitore: Toyota.

Uno dei marchi giapponesi più conosciuti al mondo, tra i primi nel settore automotive, ha deciso di rinunciare alle Olimpiadi per evitare un danno di immagine dovuto alla particolarità di questa edizione.

In Giappone, infatti, le Olimpiadi in questo clima pandemico non sono state viste di buon occhio: l’opinione pubblica è preoccupata dal rischio di un aumento dei contagi dovuto all’affluenza di atleti e staff da oltre 200 Paesi differenti.

Toyota ha quindi deciso, pochi giorni prima dell’inizio della competizione, di ritirarsi: sosterrà comunque le Olimpiadi indirettamente tifando gli atleti giapponesi e fornendo le vetture ecologiche al Comitato Olimpico.

A seguirla a ruota, un’altra marca giapponese estremamente conosciuta nel resto del mondo: Fujitsu.

 

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(a cura di Valerio Fiormonte)

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