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L'impero di Zuckerberg down per ore: cosa è successo

Facebook, Instagram e Whatsapp sono andati down per diverse ore in tutto il mondo. Ecco cosa è successo davvero

 

Sì, il 4 ottobre ce lo ricorderemo per molto tempo. L’impero economico di Mark Zuckerberg (Facebook, Whats App e Instagram) è stato offline per diverse ore e ha scatenato le reazioni più disparate. La maggior parte delle persone si sono riversate su Twitter e hanno iniziato a commentare in maniera frenetica. Alle 23:27 (dopo più di 6 ore) i servizi non erano ancora ripristinati e su Twitter le tendenze erano chiare:

Per l’impero di Zuckerberg, è stato il down più lungo della storia (se rapportato al numero di persone interessate dal disservizio). Un crollo gigantesco che ha avuto ripercussioni notevoli anche dal punto di vista economico: in sole 3 ore, le società legate a questi social network avevano bruciato più di 50 miliardi (il 5% del valore del titolo).

Perché i social sono andati down

Secondo Brian Krebs, giornalista investigativo americano esperto in cybercrime, la cause del crollo mediatico dell'impero di Zuckerberg è stato causato da un problema di DNS che sarebbero stati "cancellati" da internet a causa di un malfunzionamento dei server che gestiscono la mappatura tra domini e indirizzi IP. In altre parole, gli indirizzi di Facebook, Instagram e Whatsapp non erano connessi agli indirizzi IP: "I DNS registrati che dicono ai sistemi come trovare http://Facebook.com o http://Instagram.com sono stati ritirati questa mattina dalle tabelle di routing globali. Per essere più precisi i percorsi BGP che servono il DNS di Facebook sono stati ritirati, rendendo inaccessibili tutti i domini di Facebook".

Sheera Frenkel, reporter del New York Times, ha riferito di avere parlato al telefono con alcune persone che lavorano per Facebook che descrivevano una situazione quasi surreale: gli impiegati chiamati a risolvere il problema non sono riusciti a entrare negli uffici perché i loro badge non funzionavano. Il lavoro inoltre è stato reso ancora più difficile dal fatto che gli stessi impiegati, a causa del disservizio, non potevano ricevere mail da indirizzi esterni ed erano quindi impossibilitati a poter accedere fisicamente all'interno delle spazi in cui erano presenti i server. A questo punto, Facebook avrebbe deciso di risolvere il problema in maniera drastica: secondo il New York Times, Facebook avrebbe inviato una squadra ad uno dei suoi data center a Santa Clara, in California, per resettare manualmente i server.

 

Lo strano caso di Frances Haugen

Il clamoroso down dell'impero di Zuckerberg è arrivato proprio il giorno in cui Frances Haugen, ex ingegnera informatica di Facebook, ha detto all'emittente Cbs che "Facebook incoraggia l'hate speech per il profitto". Un'accusa specifica e documentata che rischia di mettere sotto scacco tutto l'impero di Zuckerberg (e questa volta non dal punto di vista tecnico). Secondo l'ex dipendente del colosso della Silicon Valley, Facebook avrebbe deciso di sviluppare e distribuire algoritmi che amplificano l’hate speech, cioè l’odio e la contrapposizioe fra gli utenti. La donna ha raccontato di aver lavorato per anni in Google e Pinterest ma di aver trovato in Facebook “un ambiente significativamente peggiore” in cui vige il desiderio di porre i profitti sopra a qualsiasi cosa, incluso il benessere degli utenti.

Quando lavorava in Facebook, la Haugen e il suo team aveva il compito di vigilare sulle elezioni in tutto il mondo e capire come i governi avrebbero potuto sfruttare gli strumenti del social per diffondere notizie false o per scopi che sfavorissero un sano confronto democratico. Tutto normale, insomma, se non fosse che questo compito di vigilanza sarebbe dovuto durare solo 3 mesi. Le accuse della Haugen sono gravissime: "C'era conflitto tra ciò che era buono per il pubblico e ciò che era buono per Facebook, che ha scelto più e più volte di ottimizzare per i propri interessi, cioè di fare più soldi". 

Il colosso americano ha risposto punto su punto alle accuse spiegando che "la crescita delle persone o degli inserzionisti che utilizzano Facebook non significa nulla se i nostri servizi non vengono utilizzati in modi che avvicinano le persone: ecco perché stiamo investendo così tanto nella sicurezza che ha un impatto sui nostri profitti. Proteggere la nostra comunità è più importante che massimizzare i nostri profitti. Dire che chiudiamo un occhio ignora questi investimenti, comprese le 40mila persone che lavorano per la sicurezza su Facebook e il nostro investimento di 13 miliardi di dollari dal 2016”. 

I social network e il "vecchio" sms

Il down di Facebook, What's App e Instagram è stato accompagnato da una serie infinita di reazioni (che abbiamo deciso di raccogliere sui nostri social) e da riflessioni ad ampio raggio su come è cambiato il nostro modo di comunicare. Qualche anno fa infatti, abbiamo deciso (volontariamento o no ha poca importanza) di affidare a un provider privato la quasi totalità delle nostre conversazioni private. Una scelta che ieri è stata messa seriamente in discussione: le persone, per comunicare, si sono spostate su altri social e hanno "riscoperto" l'importanza dell'sms. In questi anni, per quando possa sembrare strano, l'sms non ha mai smesso di crescere. 

Da uno studio condotto dalla Gsma, risulta che quasi la metà (47%) di chi possiede un cellulare lo usa per inviare e ricevere sms. Con i suoi 25 anni di esperienza quindi l'sms continua ad avere alcune caratteristiche peculiari che lo rendono intramontabile. Partendo da questi dati è facilmente comprensibile l'enorme importanza che continua ad avere l'sms nella comunicazione privata e nella promozione dei vari brand. Dalla sua nascita, nel 1992, l'SMS è un canale che garantisce tassi di apertura che oltrepassano la soglia del 98% entro 5 minuti dal momento della ricezione. Adesso i social sono tornati "online" e tutto sembra risolto, ma siamo sicuri che aver affidato la nostra comunicazione più intima e personale a un server privato sia stata (e sia) la scelta giusta?